.Il problema della stabilità
può essere completamente risolto facendo riferimento alla forma
canonica di Jordan
Aj della matrice A. Più
precisamente, per mezzo di un opportuno cambiamento delle variabili di
stato
z=Tjx nel caso il sistema sia a tempo continuo, e dalle equazioni se il tempo è discreto. Il vantaggio di questa trasformazione è che, a causa della struttura della matrice Aj, il sistema risulta scomposto in tanti sottosistemi tra loro non interagenti, uno per ogni miniblocco di Jordan dove li è l'i-esimo autovalore distinto della matrice A e ha dimensioni con minore o uguale alla molteplicità dell'autovalore linel polinomio minimo yA(l). Nel caso di sistemi a tempo continuo, la matrice di transizione di ognuno di questi sottosistemi è allora e contiene, quindi, termini del tipo con k minore della molteplicità dell'autovalore linel polinomio minimo yA(l). Poiché tende a zero per se e solo se la parte reale di liè negativa, segue che un sistema a tempo continuo è asintoticamente stabile se e solo se tutti gli autovalori di A hanno parte reale negativa. Se esistono autovalori con parte reale positiva, alcuni termini della matrice di transizione sono illimitati e crescono con legge esponenziale (k=0) o più che esponenziale (). È questo il caso dell'instabilità forte. Nei casi rimanenti, cioè nei casi in cui esistono autovalori nulli o immaginari, ma non esistono autovalori con parte reale positiva, si ha semplice stabilità se il termine è limitato (k=0) e instabilità debole nel caso opposto (). Tenendo conto che k è forzatamente nullo solo nel caso in cui l'autovalore a parte reale nulla è radice semplice del polinomio minimoyA(l) e osservando che nel caso dei sistemi a tempo discreto l'esponenziale è sostituito dalla potenza (che tende a zero se e solo se ) si può riassumere quanto detto con il seguente quadro di condizioni. Il sistema che rappresenta la legge di Newton (Esempio 1) (che ha la matrice A in forma di Jordan) ha un autovalore nullo che è radice doppia del polinomio minimo. Come già detto, esso è, pertanto, debolmente instabile. Il sistema di Fibonacci (Esempio 2) ha, invece, due autovalori per cui uno dei due autovalori è maggiore di 1 e il sistema è, quindi, fortemente instabile. Gli n autovalori della matrice A
di un sistema lineare a tempo continuo possono essere raggruppati in tre
classi a seconda del segno della loro parte reale: n- autovalori
(detti stabili) hanno parte reale negativa, n0 hanno parte reale
nulla ( e sono detti critici) e n+ hanno parte reale positiva
(e sono detti instabili). Ovviamente n=n-+n0+n+.
I corrispondenti autovettori individuano tre sottospazi invarianti e disgiunti
X-,
X0
e X+ di dimensioni n-, n0 e n+.
Stati iniziali nel sottospazio
X- danno luogo a movimenti
liberi che tendono a zero, mentre stati iniziali nel sottospazio X+
danno luogo a movimenti illimitati. Per questo motivo, questi due sottospazi
si chiamano, rispettivamente,
varietà stabile e varietà
instabile. Il sottospazio
X0 si chiama, invece, varietà
centro: i movimenti liberi corrispondenti a stati iniziali appartenenti
a X0 danno luogo a traiettorie limitate che restano in
X0
ma non tendono a zero. Sistemi senza varietà centro (cioè
senza autovalori critici) si chiamano iperbolici e sono distinti
in attrattori (X-=Rn),
selle
( ) e repulsori
(X+=Rn). Sistemi con varietà centro
si chiamano, invece, non iperbolici. In Fig. 9 sono mostrate
le traiettorie corrispondenti al movimento libero di otto diversi sistemi
del secondo ordine a tempo continuo. In ogni figura sono mostrati anche
i due autovalori del sistema. I primi cinque sistemi (fuoco stabile, nodo
stabile, fuoco instabile, nodo instabile, sella) sono iperbolici e gli
ultimi tre non iperbolici. L'ultimo sistema (autovalori immaginari) si
chiama centro e giustifica il termine "varietà centro".
Il vantaggio della scomposizione dello
spazio di stato Rn nella somma diretta dei tre sottospazi X-,
X0
e X+ è particolarmente utile per visualizzare
la geometria del movimento libero, in particolare in sistemi del terzo
ordine, come le due selle mostrate in Fig. 10.
Naturalmente, quanto detto per i sistemi a tempo continuo vale anche per quelli a tempo discreto, pur di discriminare tra autovalori stabili (), critici () e instabili (). |
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